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L’er(r)o(r)e.

Mi prendo la responsabilità e la golosa voglia di poter commettere errori.

Commetto errori e temo che tu non capirai troppo né troppo poco, non comprenderai, non saprai.

La vita è quel fiore che temevo non avresti colto, come hai fatto alla fine. Come chi in preda alla marea decide di mettersi dei pesi di piombo alle gambe e di lasciarsi sopraffare.

Si è sopraffatti dal desiderio degli altri, dalle loro paure, dalle loro proiezioni, come dici tu, parlandomi dal di sopra del tuo gradino, ferma e convinta che quello sia l’ultimo da scalare. Sei solo al pianerottolo, ti suggerisco, e non sai che le scale sono molteplici affacciate a degli specchi e non si sa né dove né come salirle. Tu credi di essere arrivata grazie al tuo modo di insabbiarti, di sprecarti in sorrisi e moine e non hai voglia né tempo di guardare dentro, di guardare cosa ci sia davvero. Io ho visto una bambina che gioca, rubando le bambole agli altri, senza dire loro niente. Non hai portato via niente a me per fortuna, se non qualche ora del mio tempo rubato ed estorto, a forza di sorrisi e moine, ed io sciocca ti ho creduta come si fa con le favole, quando si è bambini.

Quando si cresce non capendo quello che sta accadendo accade di corrompersi, di rompersi, d’essere in mille pezzi, e di essere pericolosi.

Io rimango con la mia storia fra le mani, forse incredibile, forse brutta ma vera.

Per la vita ci vuole coraggio e amore, il coraggio di essere davvero se stessi, l’amore che bisogna volersi per non essere un riflesso in questo gioco di specchi che è lo sguardo degli altri.

Ti sei persa un’occasione per essere felice, per capire, per gioire e stare male, per vivere e commuoversi per le cose davvero semplici.

Capirai col tempo di essere ancora al pianerottolo ed io vecchia ti sorriderò all’ennesino piano di questo palazzo che nessuno ha mai terminato di scalare.

Ti auguro nonostante la tua indelicatezza che le cose possano andare bene anche se scegli una via non tua senza autenticità.

Voglio essere quella bambina

Che corre felice tra le mattonelle d’asfalto

Che cade e si sbuccia la pelle

Che piange a dirotto senza fiato

Che dice capita di cadere quando si corre

E che vede con sua sorpresa che non c’è ferita che non possa essere guarita.

2 risposte su “L’er(r)o(r)e.”

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